Commento “La mia Sera”
Commento “La mia Sera”

Commento “La mia Sera”

In ognuno di noi vive un “fanciullino” che vede tutto con meraviglia tutto come la prima volta

Un po’ sull’autore

L’autore della poesia La mia sera è Giovanni  Pascoli. Nacque il 31 dicembre 1855,  quarto di dieci figli, non ebbe certamente un’infanzia felice dal momento che  il 10 Agosto del 1867 ci fu un tragico evento che sconvolse la sua fanciullezza: l’uccisione del padre avvenuta quando aveva solo dodici anni. Da allora seguirono una serie di lutti familiari che lasciarono un segno profondo nella sua personalità e nelle sue opere: i suoi versi nascondono questo suo sentimento di tristezza che trova consolazione negli elementi della natura che fanno da protagonisti soprattutto con i loro suoni. Pascoli, professore di letteratura italiana, non si sposò mai, ma rimase per sempre legato a Ida e Marie, le uniche sorelle che gli erano rimaste e con le quali cercava di mantenere in vita il suo nido distrutto dalla malvagità della vita. Morì nel 1912.

La Poesia…

Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.

Parafrasi

Durante il giorno ci furono molti lampi
ma ora verranno le stelle,
le silenziose stelle. Nei campi
ci sono le rane che gracidano.
Un vento leggero fa tremare
una piacevole brezza passa attraverso
le foglie dei pioppi facendole tremare.
nel giorno ci fu una forte tempesta!
Durante la sera c'è pace!

Nel cielo tenero
devono comparire le stelle.
Là vicino le allegre ranelle,
un ruscello gorgoglia.
Di tutto quel fragore,
di tutta quella bufera,
non rimane che un singhiozzo
nell'umida sera.

Quella lunghissima tempesta
è terminata con un canto sonoro.
Al posto dei fulmini restano
nuvole leggere di un rosso intenso e dorato.
Dolore, ormai stanco, riposa!
La nuvola che durante il giorno di tempesta era sembrata più minacciosa (=nera)
ora, a tarda serata
è quella che si è fatta più leggera (=rosa).

Le rondini volano!
Nell'aria tranquilla si sentono grida!
La fame sofferta durante il giorno dagli uccelli
rende più lunga e più festosa la cena-
La parte di cibo così piccola , i rondinini, nel loro nido,
non hanno potuto averla durante il giorno (a causa della bufera).
Anch'io (il poeta), in gioventù, ho sofferto la fame, patito dolori e sofferenze,
mia luminosa sera!

Rintoccano le campane... e mi dicono di dormire.
mi cantano di dormire. Mi sussurrano
di dormire. Mi bisbigliano di dormire.
Là, lontano, sento il rintocco delle campane...
mi sembrano una ninna nanna,
che mi fanno ricordare quando ero bambino...
sentivo la voce di mia madre... poi nulla...
al calare della sera.

Commento e Analisi della poesia

Nella poesia La mia Sera, Pascoli racconta di una sera dopo una lunga giornata di tempesta, facendo riferimento alla sua infanzia serena. 

Il poeta andando indietro con i ricordi, racconta che una volta finita la lunga bufera sente di nuovo le rane gracidare, l’acqua del ruscello scorrere lentamente, vede di nuovo le rondini volare e le nuvole diventare più chiare, ma sente anche il tintinnio delle campane. Questo suono gli ricorda, così, il canto della ninna nanna della sua dolce mamma tanto da farlo catapultare direttamente nella sua infanzia felice che ad un certo punto svanisce nel nulla, scompare, come un solo, vecchio, ricordo lontano.

il Tema…

Il tema dominante dell’intera poesia è quindi il ricordo dell’infanzia passata: sembra quasi che il poeta abbia stabilito con quel momento felice della sua vita un legame indissolubile, ecco perché cerca di non dimenticarne i suoni, i profumi e i colori per mantenere in vita quella parte di fanciullino che, secondo il poeta, ognuno di noi dovrebbe conservare.

Il linguaggio…

Il linguaggio della poesia è complessivamente semplice, di facile interpretazione. Il ritmo della poesia è abbastanza veloce grazie all’uso della rima alternata (ABAB CDCD), anche se, talvolta, sembra rallentarsi con l’utilizzo degli enjambement che consentono al poeta delle brevi pause di riflessione. La poesia è composta da cinque ottave di versi liberi. Vi possiamo trovare, anche una serie di figure retoriche, sia di significato, sia di suono. Abbiamo, infatti, molte onomatopee (figura retorica di suono) come “gre gre” o “Don…Don…” (onomatopee primarie), ma anche “che gridi nell’aria serena!” (onomatopea secondaria). Invece, come figure retoriche di significato abbiamo personificazioni (“singhiozza monotono un rivo”), metonimie (“i nidi, nel giorno non l’ebbero intera”) e sinestesie (“voci di tenebra azzurra”).

A mio parere…

A mio parere la poesia è molto significativa e commovente, soprattutto nelle ultime strofe in cui si sofferma su alcuni dettagli della sua infanzia come la ninna nanna della madre, ma improvvisamente ritornano anche i ricordi tristi e dolorosi legati soprattutto alla perdita di suo padre, assassinato quando aveva solo dodici anni. Per questo, la lettura di questi versi, per quanto possa sembrare leggera e semplice, è, in realtà, piena di significato e di emozioni, che in un modo o nell’altro riescono a toccare il cuore del lettore.

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